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Cardiochirurgia

La cardiochirurgia è una branca della medicina che si occupa della chirurgia del cuore e dei vasi sanguigni ad esso collegati. Di seguito illustriamo alcune delle procedure eseguite.
Il by-pass aorto-coronarico è una forma di terapia chirurgica della cardiopatia ischemica.
Il termine cardiopatia ischemica definisce uno spettro di malattie a diversa eziologia, in cui il fattore fisiopatologico unificante è rappresentato da uno squilibrio tra la richiesta metabolica e l'apporto di ossigeno al miocardio. La cardiopatia ischemica è nella stragrande maggioranza dei casi secondaria ad arteriosclerosi ostruttiva dell'albero coronarico. Le coronarie sono i vasi sanguigni che portano il sangue necessario a nutrire il miocardio (muscolo cardiaco).
Lo scopo di questo intervento è quello di saltare, aggirare (by passare) il punto in cui l'arteria coronaria interessata è ristretta o del tutto chiusa, permettendo così a quella parte di muscolo cardiaco che a causa del restringimento riceveva una scarsa quantità di sangue, e quindi anche di ossigeno, di essere rivascolarizzato. E' indispensabile al mantenimento di una attività cardiaca efficace ripristinare un flusso costante ed ininterrotto di sangue ossigenato attraverso le coronarie, perchè il cuore non smette mai di lavorare e non è in grado di immagazzinare energia.
Un vantaggio in termini di sopravvivenza e miglioramento della qualità di vita in soggetti con malattia del tronco comune della coronaria sinistra, o di tutto l'albero corornarico, o con disfunzione del ventricolo sinistro sottoposti ad intervento rispetto a quelli trattati con solo terapia medica, è ormai indubbio e dimostrato da numerosi studi scientifici multicentrici.
E' bene tenere presente che il tipo di trattamento necessario varia da paziente a paziente e che ogni opzione di trattamento va discussa (con analisi dei rischi e benefici) con lo Specialista di fiducia.
Il BPAC è una procedura eseguita dallo specialista cardiochirurgo. La tecnica più frequentemente usata richiede un'incisione longitudinale al centro della parete anteriore del torace attraverso lo sterno. Questa incisione viene chiamata sternotomia mediana.
Attraverso questa incisione il chirurgo può accedere al cuore ed all'aorta. Il paziente viene collegato alla macchina cuore-polmoni. A questo punto il cuore può essere fermato mediante l'infusione nelle coronarie di una speciale soluzione. Il chirurgo esegue quindi i bypass dopo aver praticato una piccola incisione sulle coronarie a valle del punto dove è localizzata l'ostruzione.
Eseguiti i bypass il cuore viene di nuovo irrorato dal sangue e riprende a battere; la circolazione extracorporea viene interrotta e l'incisione cutanea viene richiusa. Il paziente viene poi trasferito nell'unità di Terapia Intensiva.

Inizialmente tutti i bypass venivano eseguiti suturando un segmento di vena safena (prelevata dalla gamba del paziente) sulla coronaria ostruita; l'altra estremità della vena veniva poi suturata sull'aorta ascendente. Ma i risultati di una rivascolarizzazione di tipo venosa si sono presto rivelati insoddisfacenti: la vena safena può non essere un condotto di buona qualità a causa, ad esempio, della presenza di varici, o a causa della differenza di calibro tra il condotto venoso e la coronaria( questo spiega la ragione per cui alcuni bypass, circa il 10-20% dei casi, si chiudono in tempi precoci), o soprattutto per la alta tendenza che presenta la vena ad ammalarsi di arteriosclerosi ( dopo circa 8 anni il 50% dei bypass si chiudono e quelli ancora pervi presentano una parete a volte più malata della coronaria stessa a cui sono stati suturati). Al fine di aumentare la durata del beneficio dato dall'intervento, nuovi condotti sono stati sperimentati,. All'inizio degli anni '80 venne introdotto l'utilizzo dell'arteria mammaria sinistra (anche detta arteria toracica interna sinistra e che noi da adesso chiameremo LIMA), una arteria decorrente all'interno della cassa toracica subito di fianco allo sterno.

I bypass eseguiti con l'arteria mammaria dimostrarono ben presto una performance superiore, sia in termini di pervietà immediata che di durata, e, in ultima analisi, una migliore sopravvivenza dei pazienti sia a breve che a lungo termine. In seguito alla recente pubblicazione dei risultati di serie di pazienti operati utilizzando entrambe le arterie mammarie, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento considerevole degli interventi di rivascolarizzazione miocardia completamente arteriosa.
Per aumentare la durata del beneficio dato dall'intervento, si tende oggi a non ricorrere più al graft venoso ma ad utilizzare graft arteriosi multipli, nella speranza che la loro maggior durata riduca il rischio per il paziente di aver bisogno di un'altra operazione in futuro. Tecniche recentissime come la "Y arteriosa" o l'utilizzo delle arterie gastroepiploica destra e dell'arteria radiale rappresentano il fiore all'occhiello delle procedure di rivascolarizzazione dell' European Hospital. A seconda della localizzazione delle lesioni coronariche, le mammarie possono essere utilizzate in situ, cioè lasciate attaccate alla loro origine naturale che è l'arteria succlavia.
Quando non è possibile una rivascolarizzazione completa del territorio della coronaria sinistra con due mammarie in situ, tale obiettivo può essere ottenuto con il confezionamento di un graft composito (Y, T). Viene anche utilizzata da anni la tecnica a cuore battente (senza fermare il cuore).

 

L'intervento di rivascolarizzazione miocardica rimane sempre un intervento di chirurgia maggiore. E sottoponendosi ad intervento, il paziente si espone ad una serie di rischi potenziali la cui probabilità dipende da una serie di fattori legati allo stato generale di salute del paziente. I rischi più comuni comprendono il sanguinamento postoperatorio, le infezioni, l'ictus, l'infarto miocardico perioperatorio, l'insufficienza renale e respiratoria e la morte. I fattori legati al paziente che più influenzano la percentuale di rischio sono rappresentati dall'età, dalla funzione ventricolare sinistra, dallo stato di salute generale e dalla presenza di patologie associate (in particolare vasculopatia periferica, diabete mellito, insufficienza renale e/o respiratoria). Statisticamente un paziente con funzione ventricolare sinistra conservata, in buone condizioni generali e senza patologie associate gravi presenta un rischio operatorio che oscilla tra l' 0.8 e l'1.5%.

I risultati a distanza del BPAC sono ottimi. La maggior parte dei pazienti trae un duraturo sollievo dai sintomi dell'angina e dal rischio di danno miocardico ischemico (infarto). Molti pazienti riferiscono una migliore qualità di vita e recenti studi mostrano anche una maggiore aspettativa di vita nei pazienti operati di BPAC.
Una piccola parte dei pazienti ha bisogno di una seconda operazione (in genere circa 10 anni dopo la prima); ma grazie all'utilizzo esclusivo di condotti arteriosi si è convinti che questa necessità diminuirà significativamente in futuro.

Dopo un intervento efficace, il dolore anginoso scompare, anche se per un certo periodo il paziente soffrirà di una certa dolenzia legata all'incisione chirurgica. In genere la dimissione avviene dopo circa una settimana. Il recupero completo può richiedere fino a due mesi dopo l'intervento, perchè nel primo periodo il corpo utilizza la maggior parte delle risorse a disposizione per recuperare dal trauma chirurgico.
La valvola mitralica è la valvola che si trova tra atrio e ventricolo sinistro. Il sangue ossigenato proveniente dai polmoni raggiunge la cavità atriale sinistra e raggiunge, attraverso la valvola mitrale, il ventricolo sinistro; da questo il sangue viene pompato in tutto il corpo. Normalmente la valvola mitrale, durante la contrazione del ventricolo, chiudendosi impedisce al sangue di refluire in atrio sinistro. è costituita da due lembi valvolari che sono collegati al muscolo ventricolare (muscoli papillari) dalle "corde tendinee". Le corde tendinee normalmente regolano la apposizione dei due lembi della valvola così da favorire la perfetta chiusura della valvola, impedendo il rigurgito del sangue.Nel disegno in bassola valvola mitralica è indicata dalla freccia rossa. Visibili sono i lembi valvolari, le corde tendinee ed i muscoli papillari. In diastole la valvola mitrale si apre ed il sangue passa dall'atrio sinistro al ventricolo sinistro, ed in sistole (cioè quando il ventricolo si contrae) la mitrale si chiude così il sangue passa attraverso la valvola aortica nell'aorta ascendente e da qui in tutto il corpo. La valvola mitrale può ammalarsi e diventare insufficiente (cioè la valvola non si chiude bene ed il sangue refluisce dal ventricolo verso l'atrio sinistro) o stenotica (cioè la valvola si apre poco), oppure si può avere una combinazione dei due difetti.

Spesso la valvola mitrale può essere riparata con particolari tecniche chirurgiche. La riparazione valvolare mitralica garantisce una migliore performance del muscolo cardiaco, una terapia priva di anticoagulante, una maggiore resistenza alle infezioni.

A volte la valvola mitrale è talmente danneggiata da non poter essere riparata o da non garantire una tenuta duratura della riparazione; in questo caso è necessario eseguire una sostituzione valvolare mitralica.

Il più semplice intervento riparativo è la COMMISSUROTOMIA, cioè la separazione di una anomala fusione dei due lembi tra di loro a livello delle commissure. Questa fusione è causata dalla reazione cicatriziale secondaria alla febbre reumatica, e provoca una stenosi valvolare con tendenza alla progressione. Questa è una tecnica poco utilizzata al giorno d'oggi rispetto al passato in quanto non da buoni risultati a distanza. Più frequenti sono le plastiche valvolari dovute ad alterazioni degenerative della valvola mitrale che comprendono: il Cleft Mitralico, una anomalia congenita associata ad un particolare tipo di difetto interatriale; il Prolasso di uno od entrambi i lembi dovuto ad allungamento o rottura delle corde tendinee; la sindrome della Floppy Valve (letteralmente, la valvola rammollita), in cui tutte le componenti valvolari sono stirate ed allungate; alcuni tipi di endocardite, ed infine alterazioni secondarie alla cardiopatia ischemica (una zona del ventricolo, sede di pregresso infarto, si dilata èstirà verso il basso le corde tendinee di una parte della mitrale: i due lembi non combaciano più perfettamente e la valvola diventa insufficiente. è importante ricordare comunque che in base ai dati preoperatori, il chirurgo può stimare la probabilità che la valvola sia riparabile, ma non può sicuramente garantirlo. Solo dopo aver visto la valvola direttamente ed averne valutato la solidità strutturale il chirurgo deciderà quale strategia adottare nel bene del paziente.

Spesso si tratta semplicemente di una degenerazione a volte associata ad una eccessiva debolezza della struttura dei lembi o delle corde tendinee che ne può causare l'allungamento o anche la rottura. A volte la cardiopatia ischemica, alterando la mobilità delle pareti del ventricolo, può disturbare l'allineamento dei foglietti valvolari e causare una insufficienza mitralica. Malattie come la febbre reumatica può colpire la valvola mitrale, causando la retrazione, fibrosi e fusione dei lembi valvolari. A volte la valvola può essere anche sede di infezione (endocardite) con lo sviluppo di formazioni a cavolfiore denominate vegetazioni.

Nella fase di valutazione preoperatoria si può stimare la probabilità di riparare una valvola disfunzionante, ma non si può garantirne con assoluta certezza l'effettiva riparabilità. Se riparabile, la valvola ha ottime probabilità di durare per un lungo periodo, e questo è soprattutto vero per alterazioni di tipo degenerativo (rottura di corde, prolasso di un segmento di lembo, dilatazione dell'annulus). Statisticamente una valvola riparata ha l'85 - 95% di probabilità di non richiedere un nuovo intervento per i successivi 10 anni. Se la valvola è stata danneggiata dalla febbre reumatica, è possibile che le alterazioni patologiche continuino a progredire anche dopo l'intervento, rendendo la durata della riparazione meno prevedibile. Per questo motivo molti chirurghi sono riluttanti a riparare valvole post-reumatiche. I risultati di plastiche valvolari su alterazioni secondarie a cardiopatia ischemica sono i più difficili di tutti da predire, perchè entra in gioco una altra variabile, cioè la funzione segmentaria del ventricolo sinistro.

I rischi dell'intervento di sostituzione valvolare mitralica vengono stimati dal cardiochirurgo e dall'anestesista in base ad una moltitudine di fattori. Nei grafici dei risultati sono mostrate le analisi statistiche compiute dalla STS americana su un grande numero di pazienti operati in anni recenti.

Dopo la fase di convalescenza e di riabilitazione, i pazienti operati di ricostruzione valvolare mitralica in genere godono di una importante riduzione della sintomatologia e di un netto miglioramento della capacità d'esercizio e di tolleranza agli sforzi.

Possono essere necessari fino a 2 - 3 mesi dall'intervento per un completo recupero. Dopo la guarigione della ferita sternale (circa 40 gg.), in genere non vi sono limitazioni importanti all'attività fisica.

In linea generale vi sono due tipi di protesi valvolari oggi disponibili, ognuna con pregi e difetti caratteristici: le protesi MECCANICHE e le protesi BIOLOGICHE.

Le protesi valvolari meccaniche sono caratterizzate dall'ottima durata dovuta alla durezza dei materiali che le compongono. Infatti sono costituite da un anello in lega d'acciaio ricoperto di carbonio e da due foglietti mobili anch'essi in carbonio. La durata di una protesi meccanica è teoricamente e praticamente illimitata. Il principale svantaggio di queste valvole è dato dalla necessità di una terapia anticoagulante quoad vitam. Infatti il sangue, a contatto con materiali artificiali tende a formare dei coaguli che potrebbero attaccarsi alla protesi valvolare bloccandone il funzionamento. Il paziente dovrà quindi assumere ogni giorno una certa dose di farmaco anticoagulante e dovrà sottoporsi regolarmente (ogni 3-4 settimane) ad un prelievo di sangue per il controllo del livello di anticoagulazione (se troppo basso, il sangue coagulerà ugualmente, se troppo alto c'è il rischio di emorragie).

Le protesi valvolari biologiche, invece, sono costruite partendo da valvole cardiache (o da altri tessuti come la membrana pericardica) di animali (bovini e suini). Queste valvole richiedono una terapia anticoagulante solo per un breve periodo (in genere 3 mesi). Infatti il sangue non tende a coagulare a contatto con questi tessuti. Il loro principale svantaggio consiste nel fatto che la loro durata nel tempo è limitata, ed è inversamente proporzionale all'età del paziente.

In un paziente giovane (sotto i 40 anni), queste valvole durano 8-10 anni al massimo, mentre in uno anziano possono durare anche 15 anni (in rari casi anche di più).

Questa differenza è data dal metabolismo del calcio, che nel giovane è più attivo mentre nell'anziano è più lento; il calcio tende a depositarsi nei foglietti valvolari causandone l'indurimento e successivamente la calcificazione.

I rischi dell'intervento di sostituzione valvolare mitralica vengono stimati dal cardiochirurgo e dall'anestesista in base ad una moltitudine di fattori.

Dopo la fase di convalescenza e di riabilitazione, i pazienti operati di ricostruzione valvolare mitralica in genere godono di una importante riduzione della sintomatologia e di un netto miglioramento della capacità d'esercizio e di tolleranza agli sforzi.

Possono essere necessari fino a 2 - 3 mesi dall'intervento per un completo recupero. Dopo la guarigione della ferita sternale (circa 40 gg.), in genere non vi sono limitazioni importanti all'attività fisica. è buona norma avere nel portafoglio un cartellino che identifichi la persona come portatore di protesi valvolare cardiaca.

Si rende necessaria in tutti i casi di patologia aneurismatica dell'aorta la quale può o meno coinvolgere la valvola aortica rendendola insufficiente.
Con valvola aortica normofunzionante:
Sostituzione semplice del tratto di aorta aneurismatico con protesi tubulare in dacron.
Con alterazione funzionale della valvola aortica:
A. Con sostituzione della valvola aortica:
 
Wheat: sostituzione separata della valvola aortica (con protesi valvolare biologica o meccanica) e dell'aorta ascendente (con protesi tubulare in dacron) senza reimpianto degli osti coronarici sulla protesi tubulare.

Bentall: contemporanea sostituzione della valvola aortica e dell'aorta ascendente con una protesi tubulare valvolata (con protesi meccanica) e reimpianto degli osti coronarici sulla protesi tubulare. Questo intervento viene eseguito quando è presente una dilatazione aneurismatica della porzione iniziale dell’aorta (radice aortica e aorta ascendente) e nei casi di dissezione dell’aorta ascendente con patologia della valvola aortica. Consiste nell’utilizzo di un tubo di materiale sintetico che contiene al suo interno una protesi valvolare meccanica per la sostituzione sia della valvola aortica che dell’aorta ascendente.
Gli osti coronarici che originano da questo segmento di aorta sono reimpiantati nel tubo. Un condotto alternativo per sostituire la valvola aortica ed il segmento più prossimale dell’aorta ascendente (radice aortica) è la radice aortica prelevata da cadavere (homograft aortico) o dal cuore di maiale.

B. Con conservazione della valvola aortica:
Tecnica di Yacoub: sostituzione dell'aorta ascendente con protesi tubulare in dacron sagomata sulle tre cuspidi valvolari che vengono sospese all'interno della protesi, con reimpianto degli osti coronarici. Questo intervento viene eseguito quando è presente una dilatazione aneurismatica della porzione iniziale dell’aorta (radice aortica e aorta ascendente) e nei casi di dissezione dell’aorta ascendente con valvola aortica morfologicamente normale. Consiste nel sostituire con un tubo protesico l’aorta ascendente sin dal piano valvolare, conservando la valvola aortica nativa. Anche in questo intervento gli osti coronarici che originano da questo segmento di aorta sono reimpiantati nel tubo.
Tecnica di Tirone David: sostituzione dell'aorta ascendente dalla base del cuore con protesi tubulare in dacron e sospensione della valvola aortica all'interno della protesi stessa con reimpianto degli osti coronarici.In tale tecnica, detta anche “reimplantation”: dall'inglese reimpianto, Un tubo protesico retto viene suturato alla base della radice aortica risuturando la valvola aortica nativa al suo interno. Le arterie coronarie che nascono dalla radice aortica, vengono staccate e risuturate al tubo di protesi.

Nei casi in cui la dilatazione aneurismatica dell'aorta si estende distalmente fino all'origine dei tronchi sovra-aortici è talora necessario eseguire l'anastomosi distale della protesi tubulare con l'aorta nativa in arresto di circolo temporaneo e perfusione cerebrale tramite cannulazione selettiva del tronco arterioso anonimo e dell'arteria carotide comune sx.
La valvola aortica è posta tra il ventricolo sinistro e l'arteria aorta. Il ventricolo sinistro è la parte del cuore che ha il compito di pompare il sangue ossigenato a tutto il corpo attraverso l'aorta. La valvola aortica si apre durante la sistole ventricolare (cioè nel momento in cui il cuore si contrae per pompare), lasciando passare il sangue nell'aorta, e poi si richiude, impedendo al sangue di ritornare nel ventricolo durante la diastole (cioè durante la fase di rilasciamento e riempimento che precede la contrazione successiva. In questo disegno l'aorta è colorata in rosso e la valvola si trova all'inizio dell'aorta, nel bulbo.

La valvola aortica può ammalarsi per diversi motivi: vi può essere una anomalia congenita che può richiedere la correzione subito, se grave, oppure predisporre ad una degenerazione che avviene più tardi nella vita; oppure vi possono essere delle malattie acquisite che colpiscono la valvola aortica. L'anomalia congenita più frequente è data dalla bicuspidia.

In genere la valvola aortica ha tre lembi valvolari o cuspidi, ma a volte può presentarne soltanto due. Una valvola bicuspide è presente nell'1 - 2% della popolazione, e rappresenta la seconda causa più frequente di alterazione tale da richiedere l'intervento. Queste valvole possono funzionare relativamente bene per molti anni prima di diventare stenotiche (cioè con un orifizio troppo stretto) oppure insufficienti (cioè non più in grado di chiudersi bene).

La causa più frequente di malattia valvolare necessitante la sostituzione è la degenerazione senile. Questo significa semplicemente che la valvola, invecchiando, si indurisce e vi si depositano noduli di calcio che ne impediscono il funzionamento. La seconda causa più frequente è la malattia reumatica, che provoca fusione e retrazione cicatriziale dei lembi, lasciando una valvola allo stesso tempo stenotica ed insufficiente. Altre cause meno frequenti di valvulopatia aortica comprendono le infezioni (dette endocarditi), il prolasso di una cuspide e le malattie dell'aorta stessa, come aneurismi e dissezioni.

Una valvola aortica malata può causare una serie eterogenea di sintomi, che comprendono affaticabilità, dispnea da sforzo, angina pectoris, palpitazioni, vertigini e sincopi.

Quando la valvola è stenotica il ventricolo sinistro deve generare una pressione più alta per spingere il sangue a tutto il corpo. Questo causa ipertrofia (cioè ingrossamento) del muscolo cardiaco, predisponendolo ad aritmie ed allo sviluppo di sintomi di angina. Inoltre il ventricolo non si svuota completamente, e questo ristagno di sangue eventualmente si ritrasmette all'indietro fno ai vasi dei polmoni, causando dispnea (difficoltà di respiro) dapprima da sforzo e poi anche a riposo. Infine, in particolari situazioni il cuore può non riuscire a pompare abbastanza sangue per mantenere normale la pressione sanguigna nelle arterie (in particolare quelle del cervello), e questo causa vertigini e sincopi (svenimenti). Quando invece la valvola è insufficiente, parte del sangue pompato ritorna nel ventricolo sinistro causando un sovraccarico di volume e poi una dilatazione del ventricolo stesso. La dilatazione a lungo andare provoca uno sfiancamento delle pareti e l'insorgenza di sintomi di scompenso cardiaco.

Inizialmente i sintomi sono presenti sotto sforzo, ma col progredire della malattia compaiono per sforzi sempre più lievi ed infine anche a riposo. Questo può causare l'impossibilità a dormire in posizione orizzontale o portare a bruschi risvegli per la difficoltà di respiro. Un altro segno di scompenso è il gonfiore alle caviglie, specialmente alla sera.

I farmaci possono aiutare per un certo periodo ad alleviare i sintomi, ma quando la funzione valvolare decade, il Vostro cardiologo Vi raccomanderà di andare dal cardiochirurgo per programmare l'intervento. Alcuni test (ecocardiogramma, cateterismo cardiaco con coronarografia) aiuteranno a stabilire il momento più adatto per l'intervento e ad escludere eventuali patologie concomitanti (per esempio una coronaropatia).

In linea generale vi sono due tipi di protesi valvolari oggi disponibili, ognuna con pregi e difetti caratteristici: le protesi MECCANICHE e le protesi BIOLOGICHE.

Le protesi valvolari meccaniche sono caratterizzate dall'ottima durata dovuta alla durezza dei materiali che le compongono. Infatti sono costituite da un anello in lega d'acciaio ricoperto di carbonio e da due foglietti mobili anch'essi in carbonio. Questo materiale non si consuma e quindi la durata di una protesi meccanica è praticamente illimitata. Il principale svantaggio di queste valvole è dato dalla necessità di mantenere il paziente sotto terapia anticoagulante per tutta la vita. Infatti il sangue, a contatto con il carbonio (come con qualunque materiale artificiale) tende a formare dei coaguli che potrebbero attaccarsi alla valvola bloccandone il funzionamento. Il paziente dovrà quindi assumere ogni giorno una certa dose di farmaco anticoagulante e dovrà sottoporsi regolarmente (ogni 3-4 settimane) ad un prelievo di sangue per il controllo del livello di anticoagulazione (se troppo basso, il sangue coagulerà ugualmente, se troppo alto c'è il rischio di emorragie).

Le protesi valvolari biologiche, invece, sono costruite partendo da valvole cardiache (o da altri tessuti come la mambrana pericardica) di animali (bovini e suini). Queste valvole richiedono una terapia anticoagulante solo per un breve periodo (in genere 3 mesi). Infatti il sangue non tende a coagulare a contatto di questi tessuti. Il loro principale svantaggio consiste nel fatto che la loro durata nel tempo è limitata, ed è inversamente proporzionale all'età del paziente. In un paziente giovane (sotto i 40 anni), queste valvole durano 8-10 anni al massimo, mentre in uno anziano possono durare anche 15 anni (in rari casi anche di più). Questa differenza è data dal metabolismo del calcio, che nel giovane è più attivo e tende a depositarsi nei foglietti valvolari causandone l'indurimento.

Le protesi biologiche più recenti sono trattate con particolari sostanza chimiche allo scopo di ridurre la deposizione di calcio sulla superifice dei foglietti; questi trattamenti hanno mostrato in studi sperimentali la capacità di aumentarne la resistenza alla calcificazione e quindi la durata. In casi particolari possono essere utilizzati altri tipi di protesi, come gli homograft aortici (prelevati da cadavere umano), oppure si può utilizzare un'altra valvola dello stesso paziente e metterla al posto della valvola aortica malata (intervento di Ross). La decisione sul tipo di valvola da utilizzare viene presa dal team medico tenendo conto dell'età del paziente, delle sue condizioni generali, del suo stile di vita ed anche delle sue preferenze.

I rischi dell'intervento di sostituzione valvolare aortica vengono stimati dal cardiochirurgo e dall'anestesista in base ad una moltitudine di fattori.

Nei grafici dei risultati sono mostrate le analisi statistiche compiute dalla STS americana su una moltitudine di pazienti operati in anni recenti.

Dopo la fase di convalescenza e di riabilitazione, i pazienti operati di sostituzione valvolare in genere godono di una importante riduzione della sintomatologia e di un netto miglioramento della capacità d'esercizio e di tolleranza agli sforzi. Possono essere necessari fino a 2 - 3 mesi dall'intervento per un completo recupero. Dopo la guarigione della ferita sternale, in genere non vi sono limitazioni importanti all'attività fisica, se non quelle legate all'assunzione di anticoagulanti. è necessaria la profilassi antibiotica prima di ogni procedura invasiva (compresa la rimozione del tartaro dentale), ed è buona norma avere nel portafoglio un cartellino che identifichi la persona come portatore di protesi valvolare cardiaca.

Intervento di sostituzione valvola aortica per calcificazione

Intervento di plastica aortica

La ventricoloplastica è una tecnica chirurgica che mira a rimodellare il cuore.
Un infarto importante, infatti o il susseguirsi nel tempo di infarti di minore entità, può indebolire la parete del ventricolo sinistro del miocardio.Tale processo, a lungo andare, conduce ad un progressivo assottigliamento delle pareti cardiache, le quali si sfiancano e cominciano a dilatarsi, determinando la formazione di un aneurisma ventricolare. Il ventricolo sinistro perde così la sua forma originaria, a cono,e acquisisce una forma rotondeggiante.
Per ripristinare la giusta morfología ventricolare è necessario asportare una parte della parete del ventricolo e rimodellarne la rimanente parte. Questa procedura chirurgica è appunto la ventricoloplastica. La sua importanza consiste nel fatto che quando il ventricolo perde la sua morfologia originaria perde anche parte della sua capacità di pompa.
Forma e funzione sono infatti due aspetti strettamente legati tra loro in cardiologia. Tant'è che un corretto rimodellamento del ventricolo è in grado di far aumentare significativamente la capacità contrattile del miocardio e di ripristinare una buona funzione cardiaca.

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